Solitamente mi corico a notte inoltrata, passate le tre.
Alle 6.00 suona la fatidica sveglia (fracasso che odio) che mi costringe ad aprire gli occhi.
Mi rizzo, molto lentamente, tentando di non far cadere il gatto che riposa in bilico sulla mia schiena.
Immolo il motivo della mia sveglia mattutina (in inverno la scuola, in estate la vita sociale) a divinità precristiane mentre accendendomi una sigaretta scendo al piano di sotto e mi chiudo nel bagno; se trovo il gabinetto occupato prendo la ponderata decisione di tornare a letto e di maledire la scuola, per non farmi fare assenza tutti usano l'altro bagno.
Faccio la doccia e mentre m’asciugo e mi faccio i capelli mi fumo un’altra paglia.
Indosso i calzini sempre presenti nel bagno, in modo tale da non aver freddo ai piedi. E, completamente nuda eccetto per le calze, esco fuori dal gabinetto indipendentemente dalla presenza di ospiti o meno (il pudore alla mattina non si fa sentire).
In questo stato attraverso l’intero appartamento cercando vestiario. Finisco sempre per indossare un golfino stile-imprenditore-milanese-borghesuccio e dei jeans totalmente scombinati.
Accendo la musica (al mattino tendo a sentire Hendrix o blues) e mi siedo per terra: altra sigaretta. Osservo la madre alzarsi dal sofà del salotto con una bottiglia di birra in mano, in stato catatonico anch’ella, e impreco a bassa voce quando schiude gli infissi della finestra.
Infreddolita mi chiudo in cucina. Metto a riscaldare il the o il caffè e, prima che la donna inizi a cantare con la voce squillante di chi ha bevuto il lunedì mattina (non è un’alcolista, ci tendo a precisarlo), mi fiondo fuori casa con la cartella in spalla e lo yougurt in mano, il cucchiaino nella tasca dei jeans.
Prendo la bici, pedalando mangio lo yougurt. Se non ho stabilità appena sorto il sole non riesco ad andare senza mani e in quel caso semplicemente mi ribalto.
Arrivo in classe abbastanza presto: le mie compagne mi truccano, talvolta mi passano i compiti, mi fanno sedere su di loro e mi lasciano in questo stato di dormiveglia per una decina di minuti.
Alle 8.10 giunge la prof e lentamente, se e quando ho voglia, mi siedo sul mio banco, metto le mani sotto al capo e dolcemente m’addormento.
Spesso ricevo richiami, quando le mie educatrici si rendono conto che la mia non è particolare attenzione ma che sto dormendo. in quel caso intimo loro di stare in silenzio e mi ritrovo tappezzata di note.